Oggi vogliamo affrontare un tema tanto importante quanto per certi versi complesso e ostico per i non addetti ai lavori: quello della normativa sulla protezione dei dati personali in relazione all’attività delle telecamere di sorveglianza. Cosa dice, dunque, il GDPR sulla videosorveglianza? Come avere un sistema di videosorveglianza in regola con le leggi sulla privacy? Vediamolo subito.
I principi del GDPR in tema di videosorveglianza
Riassumiamo qui i principi del GDPR in relazione alla videosorveglianza:
- Interesse legittimo e consenso: affinché un impianto di videosorveglianza domestico o meno sia in regola con la normativa, deve basarsi sull’interesse legittimo del titolare del trattamento (o potremo dire più semplicemente di chi lo installa), come ad esempio nel caso desideri proteggere la propria proprietà dalle incursioni dei ladri. Oppure va affermato il consenso esplicito delle persone riprese.
- Minimizzazione dei dati: le telecamere devono riprendere solo dove strettamente necessario, riducendo al minimo le riprese per tutelare la privacy delle persone.
- Trasparenza: la presenza di telecamere deve essere segnalata da appositi cartelli o comunque in modo formale.
- Sicurezza dei dati: occorre che le riprese vadano conservate in luogo sicuro, a cui le persone autorizzate non possono avere accesso.
- Riduzione dei tempi di conservazione: se le riprese vengono conservate, bisogna che lo siano per il tempo minimo necessario affinché adempiano al loro scopo. Ad esempio, un negozio può conservare le immagini delle telecamere per 24 ore, un tempo già sufficiente a rendersi conto se ci sono stati dei furti, e di conseguenza usare le riprese per le dovute indagini di polizia. Naturalmente, in caso di indagini, i tempi di conservazione si allungano per consentire le indagini stesse.
- Sempre validi i diritti delle persone interessate: le persone riprese hanno il diritto di accedere ai dati, alla loro cancellazione e all’opposizione, salvo in presenza di limitazioni legittime (come le questioni di sicurezza).
- Cartello informativo: le persone che stanno per entrare in un’area videosorvegliata devono essere informate da un apposito cartello. Puoi trovarne un modello sul sito del Garante per la privacy.
Andiamo ora a scoprire come si applica il GDPR agli impianti di videosorveglianza domestici e a quelli in azienda.
Gli impianti di videosorveglianza domestici
Per installare un impianto di videosorveglianza domestico non occorre alcuna particolare autorizzazione o formalità, a condizione che:
- Le telecamere riprendano solo le zone di propria esclusiva pertinenza. Quindi non, ad esempio, le aree comuni in un condominio, aree di proprietà di terzi o strade pubbliche. Per il resto, rimandiamo i lettori al nostro post sulla videosorveglianza in condominio e a quello sulle telecamere esterne.
- Se la ripresa di aree di terzi è inevitabile, occorre adottare delle misure per oscurare le porzioni di immagini che le riguardano.
- Nel caso in cui vengano riprese persone diverse da chi vive nell’immobile, occorre che diano il loro consenso esplicito, salvo nel caso in cui le telecamere servano per dimostrare un illecito. Anche qui, rimandiamo al nostro post sulle telecamere per sorvegliare colf, badanti e baby sitter.
Gli impianti di videosorveglianza nelle aziende
Anche per la videosorveglianza in ambito aziendale valgono le regole riportate all’inizio di questo post, ad esempio sui limiti temporali alla conservazione delle immagini e sulla sicurezza dei dati. Inoltre, come specificato dal Garante per la privacy, le telecamere vanno installate esclusivamente per esigenze organizzative, produttive, di sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio dell’azienda. Oltre al GDPR, vanno inoltre rispettate le altre leggi che normano l’uso delle telecamere sul posto di lavoro, come ad esempio lo Statuto dei lavoratori.
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